Come ogni giorno da undici anni ha proposto al giornale il proprio contributo.
Ma questa volta il capo della redazione genovese di Repubblica non ha nemmeno preso in considerazione la qualità e l’interesse dell’articolo proposto. Ha dovuto solo comunicare che l’azienda aveva messo Massimiliano Salvo alla porta. Contratto da precario con partita Iva non rinnovato, stop, fine corsa.
Max Salvo dal 2012 a ieri ha garantito al suo giornale più di 4mila articoli: una media di 400 all’anno. Dal 2017 scriveva di cronaca nera, l’essenza stessa – esaltante, ma complessa e delicata – del giornalismo quotidiano. Per oltre quattro anni tutto va bene. E ancora qualche mese fa la firma di Massimiliano compare assieme a quella di altri autorevoli colleghi del Secolo, della Stampa e di Repubblica su un lavoro di respiro nazionale che ricostruisce le drammatiche giornate del G8 genovese.
Ma, nel frattempo, Max fa i conti con la sua condizione precaria. La sua firma vale, ma il non avere un contratto di lavoro stabile non gli consente di accendere un mutuo o chiedere un prestito per cambiare l’automobile. Come lui sono in tanti, anche nel suo giornale. Max è tra i giovani che danno vita al coordinamento nazionale dei precari di Repubblica. Massimiliano diventa anche una “firma” del sindacato dei giornalisti, occupandosi di precariato. E’ membro della giunta del sindacato ligure dei giornalisti. Rappresenta la Liguria nella Commissione Lavoro autonomo della Federazione nazionale della Stampa italiana.
Per mesi il coordinamento sollecita incontri, chiede di potere rappresentare le proprie ragioni all’azienda e alla direzione del giornale. Sono i giorni in cui i giornalisti italiani raccontano le storie dei riders che pestano sui pedali di sgangherate bici per consegnare pizze alle famiglie murate dal covid, raccontano della tribolata vita di chi sta ai margini delle filiere della logistica… Ogni riga trasuda sdegno. Un rider dell’informazione, un giornalista precario, intanto pesta sui tasti del pc per un compenso che non ha alcun grado di parentela con quello percepito dal suo più anziano “compagno di squadra”. Stesso lavoro, stesso tempo, stesse regole deontologiche. Due galassie diverse: l’una è nella costellazione del contratto nazionale di lavoro, l’altra no. Una è tutelata. L’altra deve ogni giorno correre per mettere insieme il pranzo e la cena.
Il comitato nazionale dei precari non cava un ragno dal buco. Alcuni precari, tra cui Max, tentano allora un’altra strada per provare a vedersi riconoscere qualche diritto: l’azione legale. Un’azione sostenuta dal sindacato dei giornalisti della Liguria. Cui l’azienda ha deciso di opporre lo stop al rinnovo perfino di quel contratto precario. Altro che tutele crescenti. Altro che modernità. O mangi sta minestra o salti dalla finestra. E’ la stampa precaria, bellezza. Ma noi non ci rassegniamo. Oltre a descriverla con sdegno ci ostiniamo ad impegnarci per cambiare la condizione di tutti i precari e dare cittadinanza al lavoro.
Associazione Ligure dei giornalisti